martedì 5 ottobre 2010

Ciarpame senza pudore

Corro il rischio di passare per snob, ma non importa: su questo tema lo sono !
Quello che vado a scrivere è un pensiero figlio dell'ultima gita al mercato vintage di Valeggio sul Mincio.
Cominciai ad interessarmi di vintage e a collezionare foulard prima che la parola fosse di moda, un decennio fa; allora il vintage era vintage, e quella di Pavia era l'unica mostra mercato degna di nota. Forse l'unica proprio.
In quegli anni un foulard d'epoca di comprava a prezzi folli anche con i buchi e le macchie di muffa: era preda di giovani stilisti con l'occhio attento e il palato fine che ne avrebbero riproposto temi e colori.
Poi cominciarono a moltiplicarsi le occasioni, arrivarono i miei primi viaggi per l'Italia: Firenze, Brescia, Udine, Forlì, Orzinuovi...
In breve tempo, il vintage diventò quasi inflazionato, tanto da ingenerare sensibili rialzi nelle quotazioni degli spazi espositivi. Gli organizzatori non badarono alla selezione, ma alla partita doppia. Qualche espositore storico sparì dall'oggi al domani, lasciandomi inizialmente attonita.
Un proliferare di occasioni legate ad un crescente interesse che, come tale, per far fronte ad una domanda altrettanto crescente, hanno dovuto sconfinare in un fenomeno di costume che ha più del second hand che della filologia dello stile.
Purtroppo però, in molte di queste occasioni, specie quelle di piazza, ci vengono rovesciati, ancorché ben proposti, i capi che nostra madre ha appena buttato nei cassoni gialli dell'humana. Non c'è tempo, né spazio, per la cultura vintage, per la ricerca, per la qualità.
Oggi capisco alcune scomparse, o meglio: ci provo. Bene fece Franco Jacassi a disertare da un certo punto in poi le fiere. Sebbene (mi) manchi immensamente la sua presenza, la sua competenza, la qualità della sua offerta e - perché no - il suo fascino composto, posso azzardare ipotesi sulle ragioni del buen retiro, e - se queste sono - condividerle.
Tornerò a Pavia, certo, ma non è più il vintage di una volta.

martedì 10 agosto 2010

Onde anomale

In mancanza della possibilità di contemplare le onde del mare, contemplo le onde anomale di luàme (come direbbero a Verona) che si abbattono sulle coscienze questo paese.

1 onda anomala
La dialettica politica non si sta sviluppando come dovrebbe tra maggioranza e opposizione, ma all'interno della maggioranza. Il PD ha adottato la strategia da "attesa sul bordo del fiume". Deprimente, ma sicuramente più efficace dell'agire politico che finora lo ha contraddistinto. Partito a inizio legislatura con l'idea di un governo ombra, ma incapace anche di fare l'ombra a se stesso.
Non dimentico che l'opposizione, questa opposizione, si è resa correa dell'approvazione dello scudo fiscale, ennesimo incentivo di stato alla logica della frode fiscale che sta portando il paese alla deriva.

2 onda anomala
Il dibattito politico - indipendentemente dall'asse in cui si collochi - si sta svolgendo a colpi bassi, bassissimi. Non sulle questioni vitali, che passano così in secondo piano (tipo la manovra da 25 miliardi in due anni che significherà per noi meno sociale, meno trasporti, meno sanità e più tasse, ma probabilmente nella realtà dei fatti non "meno casta") bensì su questioni sì importanti, ma di contorno. Tipo tu hai fottuto un trans più drogato del mio, lui ha più mignotte di me, voi avete preso più mazzette di noi e loro hanno più case di dubbia provenienza di noi. Il più sano ha la rogna.

3 onda anomala
La stampa, invece di svolgere un ruolo critico ed educativo in tutto ciò, aiuta solo a far da cassa di risonanza del caos. A far sì che la casa di Fini-Tulliani a Montecarlo diventi lo stesso affaire della casa di Scajola, glissando sul fatto che in un caso si tratta probabilmente di un inciucio immobiliare tra beni privati, nell'altro di un inciucio che ha forse come merce di scambio appalti pagati con denaro pubblico, nostro. Dunque l'affaire Tulliani ha più attinenza con il caso della casa di Mara Carfagna di cui nessuno parla, o con quello di Propaganda Fide, che con quello di Scajola. Lungi dal promuovere o giustificare qualsiasi cricca o inciucio, gradirei si facesse un distinguo in quei casi in cui, direttamente o indirettamente, in questa paratecnocasa di stato, o tecnocasa di parastato, si configuri danno erariale.

4 e più inquietante onda anomala
Nessuno s'indigna. Si resta a casa, sei italiani su dieci bloccati in città dalla congiuntura, figlia di quanto sopra, ma non ci si incazza. Fiumi di parole per belèn o per balotelli, ma silenzio totale sul nostro presente, sul nostro futuro.

mercoledì 28 luglio 2010

Sul furto d'identità calcistica

Dopo il furto dei simboli, mi chiedo con che faccia potranno ancora ridere sotto i baffi, i tifosi della diga, quando sentiranno le tifoserie avversarie dell'hellas urlare:

Scendi dalla scala
è finito il medioevo
adesso sei soltanto
in provincia del Chievo

Non sono né tifosa né amante del calcio; tuttavia, se fossi messa nella condizione di dover scegliere una squadra veronese per cui simpatizzare non avrei dubbi: la mia preferenza andrebbe alla squadra della diga. Andrebbe al Chievo esattamente come il mio voto - da qualche anno - va ad alcuni: per esclusione e con l'amaro gusto di far dispetto agli altri.
Non sopporto l'hellas, la sua tifoseria diseducativa e razzista, l'atteggiamento ancor più diseducativo e tollerante, se non ammiccante, che la pubblica amministrazione tiene - sindaco in testa - rispetto alla squadra e ai comportamenti talvolta inqualificabili dei suoi supporters.
Non dimentico che episodi quali piazza viviani e corticella leoni sono legati alla tifoseria e ai simboli dell'hellas da una sottile linea, ancorché tratteggiata.
Al contrario, vedo il Chievo come un esempio di serietà, di buoni valori, di disciplina sportiva e calcio per famiglie.
Per questo - da una posizione che è del tutto fuori dai giochi - mi permetto di dire che il Chievo non ha bisogno né di scale né di cangrande. Ha le carte per distinguersi e dovrebbe far di tutto per farlo.

Meglio un asino che voli di una scala a pioli.

domenica 25 luglio 2010

Pavia, gioie e dolori


Che Pavia sia una città così zanzarosa da rasentare il coprifuoco non è una novità. Così, chi decide di affrontare il classico struscio serale su e giù per il cardo e il decumano cittadino - strada nuova e corso cavour - deve mettere in conto l'assalto da parte di questi sgradevoli insetti.

Certo che ieri sera, passeggiando per "il corso" (strada Nuova) incrociare pavesi dotati di racchetta friggizanzare è stato abbastanza imbarazzante... Un discreto numero di persone, prevalentemente uomini tra i 30 e i 50, generalmente in compagnia di amici o pargoli, sventolavano divertiti questi osceni gadget made in china, producendo un costante e sonoro rumore di friggitrice. Clara ed io ci guardavamo attorno tra l'allibito e l'orripilato. Insomma, uno spettacolo desolante e anche un po' buzzurrish, la cui utilità privata o sociale sicuramente non mi risulta superiore a quella garantibile con un flacone di autan fresh.

Chissà come mai, di tutti i fenomeni di costume (o presunti tali), nelle città di provincia padane hanno la capacità di attecchire quelli a più altro indice di cafonaggine ?

Per riportare in pari la bilancia del buongusto, continua piacevolmente a sorprendermi la seppur lenta riqualificazione di corso garibaldi, meraviglioso asse storico popolato da negozi molto shabby chic. Se un giorno mai (presto o tardi) riapproderò qui, nella mia città natale, sarà lì che cercherò il mio nido. Il distacco da veronetta sarà così più morbido.

mercoledì 21 luglio 2010

A lezione di dignità

Amaro ma bello sapere che c'è ancora qualcuno che ha pudore, senso della vergogna, dignità e capacità di indignarsi.

venerdì 16 luglio 2010

Business casual


Un recente post di una fashion blogger mi ha dato lo spunto per riflettere sul tema del dress code in ambito lavorativo. La blogger, proponendo un outfit per il lavoro a queste temperature tropicali, non si chiedeva se fosse appropriato per il contesto lavorativo, ma semplicemente se le stesse bene, non aprendo dunque in quel partecipato blog il dibattito sul tema.

Un prologo è d'obbligo: il tuo primo capo ti forgia. E se il tuo primo capo era anche un autorevole capitano d'industria, dirigente della vecchia guardia confindustriale, l'imprinting dura a lungo.

Ebbene, il mio primo capo, senza mai dettar regole esplicite, ci aveva indirettamente insegnato un dress code, con la leggerezza dei suoi commenti garbati, tanto ironici quanto chiari, quando non approvava le nostre scelte. Un dress code costruito giorno per giorno, per correzione e molto spesso per sottrazione. Un dress code che mi ha reso la "bacchettona" che sono e di cui in fondo vado fiera. Perché mi fa sentire sempre a posto. Per famosa regola del "se ti chiedi se un abito sia adatto all'occasione, probabilmente non lo è" ...

Negli anni novanta, quando spopolavano i sabot, il capo ci aveva pregate di non presentarci a lavoro in ciabatte; aveva apostrofato i pinocchietti di lino della mia collega chiamandoli pigiama. Di fronte alla mia passione per alamari e shantung, mi raccomandò di non prendermi la SARS nell'est asiatico.

Quando il caldo si faceva sentire precisava che la stoffa si assottigilia, non si riduce. D'altro canto, come dargli torto ? Come fanno i signori uomini ad agosto ?

Di quel dress code, dopo oltre un decennio, rimane quasi tutto. Ho sdoganato solo jeans e sandali. Che dire, sarò anche vecchia dentro, ma amo le donne di oggi con il buon gusto di ieri.
Nella foto: il dress code lavorativo liberamente interpretato da tre esponenti di spicco della Lega Nord



sabato 10 luglio 2010

La libertà di stampa, questo privilegio

Non voglio andarmene dal berlusconistan perché questo è il mio paese, ma quando leggo certe agenzie...

E' necessario "togliere il bavaglio alla verità", un bavaglio "imposto dalla stampa schierata con la sinistra" che "è pregiudizialmente ostile al governo, che disinforma e non solo distorce la realtà ma calpesta in modo sistematico il sacrosanto diritto dei cittadini alla privacy, per esempio all'uso sereno del telefono". E' il compito che il premier Silvio Berlusconi ha affidato, con un messaggio audio, ai Promotori della libertà.
Berlusconi ha attaccato la stampa sostenendo che "il diritto alla privacy è meritevole di tutela" ma "la stampa italiana, nella sua maggioranza, ha scelto di ignorare questo principio". Secondo il premier i media fanno "disinformazione", "calpestano il diritto alla privacy " e lo fanno invocando per loro la libertà di stampa come se si trattasse di un diritto assoluto che prescinde dagli altri ma noi sappiamo che in democrazia non esiste un diritto assoluto perchè ogni diritto incontra il limite di un altro".
Il premier ha poi ribadito "l'assoluta necessità della manovra economica" che il governo sta "portando avanti". Il provvedimento, ha sottolineato il presidente del Consiglio "è in linea con quanto ci ha chiesto l'Unione europea, che ci ha chiesto di ridurre la spesa pubblica, che ormai da anni supera il nostro prodotto nazionale". (Apcom)